Il suo nome è “Il figlio velato” e ha tutte le carte in regola per diventare famoso come “Il Cristo Velato” di Giuseppe Sanmartino o forse anche di più. Nata a New York grazie al talento di Jago, l’opera è stata trasportata nel cuore della Sanità, nella chiesa di San Severo fuori le mura, nuova meta di pellegrinaggio per chi a Napoli arriva anche per lasciarsi avvolgere dall’arte che la città trasuda in maniera naturale.
“Non è la mia scultura, è la scultura di tutti, di tutte le persone che mi hanno seguito su Facebook in diretta giorno dopo giorno. Un’opera di totale partecipazione”.
Jago
Un bambino disteso su un letto di marmo. Il velo gli copre tutto il corpo, lasciando in vista solo una mano. Sta riposando, qualcuno ha interpretato. Ma il suo corpo esanime ricorda invece quanto accade nel Mediterraneo. A pochi giorni dal Natale, mentre l’Occidente festante si appresta a celebrare la nascita di Gesù con il suo carico di speranza, Jago regala al cuore di Napoli l’immagine struggente di un bambino che muore. Non immagine macabra, ma monito e speranza che in futuro l’orrore rimanga solo un triste ricordo
“Per me simbolo di un enorme sofferenza, che però è anche una speranza perché questo non si ripeta”.
Jago
“A Napoli c’è uno dei più grandi capolavori del mondo: il Cristo Velato. Questa scultura invece è il “Figlio Velato” che, richiamando l’opera del Sanmartino, tenta di raccontare una storia diversa – ha detto l’artista – la storia di milioni di innocenti che il nostro tempo consapevolmente sacrifica”.